Mostra da Cimabue a Morandi …girogirotondo.
Share OnSono stata a Palazzo Fava per vedere la mostra curata da Vittorio Sgarbi.
180 opere provenienti da Collezioni private e pubbliche che raccontano la storia della pittura bolognese dalla fine del ‘200 fino al ‘900.
Non sto ad elencare i capolavori esposti di indiscussa bellezza e peso artistico (abbondantemente dettagliati ovunque) ma il “come” la mostra sia stata allestita.
Incominciando dalla biglietteria dove ci si mette in “ordine sparso” poichè alle casse c’è un avviso di richiedere la “card” prima del biglietto stesso, con la quale si ha il diritto a una riduzione.
Quale card? La gente si chiede: “e se non volessi questa card, dove devo fare la fila?”
Alcune borse possono “entrare” alle sale espositive ma altre no per cui, tutti nuovamente in fila per capire se la nostra borsa sia “idonea” alla mostra o debba restare nel guardaroba (non era più semplice regolarizzare la cosa?)
Prezzo del biglietto intero 12 euro, compresa l’audioguida che è necessaria per capire il tutto.
In sottofondo Vittorio Sgarbi che spiega la mostra dedicata al grande critico d’arte Roberto Longhi e le relative opere.
Il problema è l’allestimento espositivo delle stesse: il visitatore si ritrova in ogni stanza, a voltarsi a destra, sinistra, avanti, indietro, girando su sè stesso nel tentativo di seguire la voce del curatore che salta da un’opera all’altra che non sono esposte mai vicine.
Un via vai di persone che gira più volte nella stessa stanza e che urta i gruppi delle visite guidate senza capire il “senso”di questo girotondo….
Per non parlare della segnaletica: non è evidenziato un percorso e ad ogni stanza ci si ritrova a chiedere dove si debba proseguire, a destra o a sinistra?
All’ultimo piano abbiamo Morandi e i pittori che hanno lavorato nel suo stesso periodo e sono stati da egli “oscurati” .
Peccato tuttavia poche opere di questi “grandi” bolognesi eterni secondi che a me piacciono molto: Romagnoli, Pizzirani, Fioresi, Corsi.
Da non perdere di fronte a Palazzo Fava la Chiesa con “La visione di San Filippo Neri” del Guercino.