E’ semplice essere d’accordo con i propri simili
Share OnStasera ho commentato un post di Giampiero Vecchiato sul blog di 4marketing.biz.
Il titolo è “diffondere la cultura della comunicazione”
I primi sei mesi di quest’anno li ho dedicati ad un progetto familiare a cui tenevo molto: la realizzazione ex novo di una bellissima casa (scusate il giudizio di valore :))
A fine dicembre 2010 ho concluso una collaborazione e deciso di non cercarne delle nuove fino all’estate. Ora mi sono rimessa in “pista” come consulente esterno o con contratto a progetto .
Non sto a raccontare che in questi mesi ho mantenuto l’aggiornamento, scritto il mio blog, twittato e utilizzato tutti i SM necessari ecc..ecc… questo, è il pane quotidiano di un comunicatore.
A fine dicembre 2010 ho concluso una collaborazione e deciso di non cercarne delle nuove fino all’estate. Ora mi sono rimessa in “pista” come consulente esterno o con contratto a progetto .
Non sto a raccontare che in questi mesi ho mantenuto l’aggiornamento, scritto il mio blog, twittato e utilizzato tutti i SM necessari ecc..ecc… questo, è il pane quotidiano di un comunicatore.
“E’ semplice essere d’accordo con i propri simili ” scrive Piero e io sono pienamente d’accordo quando scrive che la comunicazione è un vastissimo continente e non esiste un paradigma universale che integri in una visione unitaria le varie discipline che la caratterizzano: dalla psicologia alla sociologia; dalla linguistica all’antropologia; dalla filosofia all’economia (compreso il marketing e la scienza del management).
Così come sono d’accordo con le sue valutazioni sul valore intrinseco della comunicazione, sugli skills relazionali e le competenze manageriali ma anche personali che un professionista della comunicazione deve possedere.
Ma quando a 44 anni con un’esperienza quasi ventennale nel settore ti senti proporre dell’accounting con tuo portafoglio personale condiviso (e il loro? ne hanno almeno uno?) oppure ti dicono che sei troppo “senior” e costi molto rispetto a stagiaires da “formare”(sfruttare?!) o ancora che il mercato in questo momento ha bisogno di commerciali d’assalto (mi sono sciroppata anche l’imprenditore rimasto allo yuppismo anni ’80), come fai a veicolare quello che SAI e cioè (citando sempre Piero) che “La comunicazione è essa stessa un fattore che, da una parte, crea valore perché valorizza il capitale intangibile dell’organizzazione (competenze, conoscenze, capitale relazionale, brand, reputazione, ecc.) e, dall’altra, diffonde valore perché rende esplicito ai pubblici, ai clienti e al mercato il reale valore intrinseco dell’organizzazione stessa”?