Dora Vanelli – Comunicare l'Impresa
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21Gen

Social media e PMI: quali i nodi da sciogliere

By: doraVanelli \ Comments: 0 \ Date: 21 Gennaio 2011
Da uno studio condotto dall’Università IULM di Milano su 720 aziende di svariati settori merceologici e posizionate sul territorio nazionale, emerge che meno del 10% delle piccole aziende utilizzano i social media e che circa il 35% delle medie imprese ha aperto un canale su uno di questi mezzi senza troppa cognizione di causa e capacità di gestione degli strumenti web.
Ma perchè le PMI che costituiscono più del 90% del totale delle imprese italiane e realizzano quasi il 70% del PIL nazionale stentano ad affidarsi a professionisti per relazionarsi al meglio ed utilizzare il web 2.0 come strumento di business? 
Da dove scaturisce questa diffidenza nei confronti del mondo della comunicazione?
Spesso mi sono chiesta perchè questa riluttanza, questo timore di spendere male i propri soldi senza valutare che si tratta di  un “investimento” a medio-lungo termine.
Per instaurare un dialogo si deve parlare lo stesso linguaggio ma per dialogare dobbiamo prima capirci e acquisire fiducia, questo vale nella vita di tutti i giorni.
Allora mi dico che devo tener ben presente chi ho davanti: uomini che hanno lavorato 15 ore al giorno per 30 anni per costruire la loro realtà, fatta di sfide, di sacrifici che hanno coinvolto l’intera famiglia, di determinazione e costanza nel navigare i marosi della crisi economica, sospinti sempre da un’ inesauribile passione. 
Uomini con la volontà di guardare avanti ma a loro modo (facendo fatica a comprendere la velocità del cambiamento del “mondo” attuale) che investono in ricerca, sviluppo e formazione ma che alla parola “marketing” sobbalzano sulla poltrona.
Talvolta hanno modi di fare non diplomatici e spicci, hanno sempre poco tempo per ascoltarti (poco tempo “da perdere”) e tu, professionista, devi essere sensibile e interpretare  le loro aspettative ma soprattutto  focalizzare velocemente di cosa abbia bisogno l’azienda.
La nostra fatica è questa: dosare gli interventi e le azioni concrete, avendo chiare le strategie di fondo che andremo loro a comunicare passo dopo passo, calandoci nella loro realtà fatta di cose “pratiche”. 
Solo dopo aver acquisito la loro fiducia, forse, ci daranno carta bianca sulla gestione  della brand reputation  aziendale per poi approcciare il mondo internet in modo intelligente e costruttivo.
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17Gen

E tu di che mood sei?

By: doraVanelli \ Comments: 0 \ Date: 17 Gennaio 2011
Possiamo tradurre la parola mood come stato d’animo, umore anche se mood avrebbe accezioni più vaste.
E l’umore del nostro interlocutore/cliente è ciò che indirizza le sue scelte. Da qui l’idea di affrontare le strategie di marketing prima e di comunicazione dopo dando la priorità alla percezione che il cliente ha del valore della marca, garantendo un sentimento di fiducia e sicurezza.
I modelli di comunicazione 2.0 coinvolgono gli utenti in progetti non invasivi che producono scambi di informazioni, affinità, contatto diretto col brand e tra gli utenti stessi.
In una realtà  caratterizzata da un overload informativo è sempre più arduo per un brand superare il “rumore di fondo” e differenziarsi.
Ecco che le emozioni suscitate fanno da spartiacque e se ci si sposta da un’economia puramente di prodotto ad una dell’attenzione, i legami di rispetto e stima con i propri clienti si rinforzano e il passaparola fa il resto. Perchè è inutile nasconderlo, il wom è un vero e proprio strumento di marketing che si basa sull’autorevolezza di chi veicola il messaggio e non sulla forza economica di chi lo ha ideato ma  soprattutto, funziona solo se non si raccontano “fesserie”. Le bugie infatti hanno le gambe corte e nel mondo del web 2.0 è inutile diffondere notizie non vere, si viene espulsi velocemente come corpi estranei.
Lo stress competitivo per l’azienda di oggi lo si supera facilmente se si ha chiaro che il cliente è evoluto e disincantato, desidera scegliere e non essere indirizzato da promo meramente commerciali.
E’ un nomade che può essere tradizionalista nella scelta dell’arredamento di casa e tecnologico per i relativi accessori; esibizionista nell’abbigliamento e conservatore in famiglia, sperimentalista nel suo tempo libero e tradizionalista su altri ambiti. 
Senza considerare l’elemento più importante: utilizza gli strumenti del web e presenzia sui  social media, è dotato di pc ma anche di tablet e smartphone che lo collegano al “mondo” mentre è sul divano ,  passeggia per strada o gira per negozi.
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16Gen

Ma cosa vuoi che ci voglia a scrivere un business plan?

By: doraVanelli \ Comments: 0 \ Date: 16 Gennaio 2011
Mi sono trovata un imprenditore che mi ha chiesto: 
“come posso sviluppare il mio progetto d’impresa?”
Accidenti, partiamo proprio dall’inizio….domanda di riserva? 
Essendo a cena, in un tavolo con altre persone, ho riassunto al massimo il concetto anche per gustarmi l’ottimo dolce che avevo ordinato.
La nuova impresa nasce da un’intuizione, da un’idea da cui deve poi partire un processo organizzato di verifica, al termine del quale l’imprenditore potrà avere un ragionevole grado di sicurezza sulla potenzialità e realizzabilità del progetto. 
Redigere un business plan, questo è il primo passo verso l’organizzazione dell’idea imprenditoriale.
All’impresa serve una traccia in cui si delineino le azioni primarie da intraprendere, un vero e proprio documento fruibile in futuro da tutti i pubblici esterni che contenga il maggior numero di informazioni possibili.
L’ imprenditore mi dice che si sarebbe messo a scrivere la prossima settimana……..”quello che mi hai detto prima!! ……il business…??”
Gli rispondo che sarebbe “opportuno” far  realizzare il piano a uno o più professionisti perchè la sua seppur esuberante creatività dovrebbe (sempre per utilizzare un condizionale “diplomatico”) sposarsi con l’analisi razionale e oggettiva  dei consulenti, per scaturire in un piano di fattibilità che valuti l’ effettiva realizzazione dell’idea.
Non credo si sia convinto ma la mousse al torrone che è arrivata ci ha fatto cambiare discorso!!
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13Gen

La quinta disciplina

By: doraVanelli \ Comments: 0 \ Date: 13 Gennaio 2011

Le 11 leggi

1) I problemi di oggi derivano dalle “soluzioni” di ieri.
2) Più spingete avanti, più il sistema spinge indietro.
3) Prima di peggiorare il comportamento migliora.
4) La facile via di uscita di solito riporta all’interno del problema.
5) La cura può essere peggiore della malattia.
6) Più rapido è più lento.
7) Causa ed effetto non sono strettamente connessi nel tempo e nello spazio.
8) Piccoli cambiamenti possono produrre grossi risultati…ma le aree in cui si possono verificare gli effetti migliori sono spesso quelle meno ovvie.
9) Potete avere la torta e mangiarla…ma non subito.
10) Dividere un elefante in due non dà due elefantini.
11) Non ci sono colpe da attribuire

da: “La quinta disciplina: l’arte e la pratica dell’apprendimento organizzativo” di Peter M. Senge

L’abilità di vedere il mondo nella sua complessità….da leggere!

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