Dora Vanelli – Comunicare l'Impresa
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Ma un comunicatore, no?

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By: doraVanelli \ Comments: 0 \ Date: 27 Settembre 2011
Rivolgo il mio “plauso” e i miei più “sentiti complimenti” all’autore dell’articolo su Eccellere.com: Marco Stancati” :))
Innanzitutto bisogna leggere l’articolo interamente per capire il mio formalismo lessicale che solitamente non esercito;
l’ultimo paragrafo mi è piaciuto in modo particolare…..”Ma un comunicatore, no?”
Questa domanda me la sono posta spesso  negli ultimi anni di professione …a volte tacevo ma altre volte la ponevo direttamente al mio interlocutore…..millantato direttore marketing con conoscenze più commerciali che strategiche, con una sostanziale visione del “meglio un uovo oggi che una gallina domani ” (salvo pentirsi il giorno successivo), con un occhio al prodotto e mai al pubblico che dovrebbe acquistarselo e più che mai convinto  che “loro sono i migliori, i più bravi, i più all’avanguardia ….insomma sono i più'”. 
Ascoltare?
“Ascoltare chi? gli altri devono ascoltarci.”
“Condividere? scherzerai! quello che facciamo lo teniamo per noi così evitiamo che ci copino e che ci critichino.”
Potrei continuare per ore ma credo che il suggerimento di Marco al Ministro Gelmini sia sufficientemente esaustivo e possa estendersi a tutti coloro che credono di poter fare a meno di un comunicatore serio.
Lo riporto così come è stato scritto:
“Forse è venuto il momento, signor Ministro, che riconsideri il suo pregiudizio per la famiglia professionale dei comunicatori. Quelli veri, quelli originali autentici, che si formano attraverso cinque anni di studi (3+2, ha presente?), frequentano laboratori di scrittura, di organizzazione dei contenuti, di public speaking, di pianificazione delle attività comunicative, svolgono tirocini in azienda, vanno all’estero, si muovono con agilità sulle piazze fisiche e su quelle digitali. Spesso si mantengono agli studi, laboriosamente, nonostante la crisi e malgrado i Suoi pregiudizi. Probabilmente sarebbe bastato un neolaureato così a evitare il grottesco infortunio: sono giovani pieni di professionalità ed entusiasmo nella stragrande maggioranza. Li conosco da vicino. Giovani che hanno capito l’importanza propedeutica dell’ascolto, della verifica, del confronto, di capire un contenuto prima di proporlo.
Insomma che hanno metabolizzato che la comunicazione è un processo inferenziale che si alimenta, sempre di meno, di apodittici comunicati stampa”

 Mediatate gente, meditate.